I RISTORANTI E IL VIRUS: THE DAY AFTER… / 1

Intervista con un importante chef ristoratore che preferisce mantenere l’anonimato...

Lui è un personaggio particolare. È lui ad avere creato il suo ristorante: non l’ha ereditato dai genitori, ne l’ha acquistato sul mercato. Lo ha fondato ex novo diversi anni fa e vanta ad oggi (prima del coprifuoco sanitario, ovvio…) grandi numeri e grandi soddisfazioni.

  • Una media giornaliera di circa 120 clienti, sette giorni su sette.
  • Un giro d’affari annuale di circa 1 milione e 200mila euro.
  • Dodici dipendenti.
  • Tasse, contributi e iva pagati per circa 300mila euro annui. Fino ad oggi, capito?


Con lui affrontiamo gli scenari prossimi venturi del mondo della ristorazione, alla luce della gravissima situazione che si è determinata con l’emergenza sanitaria in corso.

 

Cosa avete fatto appena è scattato il blocco di tutte le attività?

Abbiano corrisposto le buste paga di febbraio e a marzo abbiamo avanzato la richiesta della cassa integrazione… Poi abbiano cercato di sospendere momentaneamente le rate degli affitti e per fortuna abbiamo avuto una risposta positiva, data l’emergenza, dalla proprietà dei nostri locali.


Quanto pensate di poter reggere in questa situazione?

La cassa integrazione dovrà essere prolungata, perché la ripresa, quando ci sarà, sarà molto graduale.


Confidi negli aiuti dello stato?

Se arrivano bene, certo. Ma non ci conto più di tanto. Penso che dobbiamo guardare dentro noi stessi e trovare una soluzione interna, ripensando la formula complessiva della nostra offerta per quando potremo riaprire.


Tavoli distanziati… cosa ne pensi?

Se vai a cena al ristorante ci vai per star bene, con amici, amori, socialità. Non ci vai strettamente per mangiare, non oggi. Ma purtroppo se è vero che il virus si diffonde con i contatti ravvicinati, non vedo alternative a queste regole.


In questa situazione generale c’è chi guadagna?

Non saprei. Anche la grande distribuzione certamente incassa, ma alla fine sono acquisti scaglionati e quindi vorrei vedere l’esito a fine giornata…


Cosa ne pensi del delivery?

Io non l’ho mai fatto. Non credo che darà grandi possibilità economiche ai ristoranti, anche perché l’aggio da corrispondere alle società specializzate oscilla intorno al 30-35%.

Ma soprattutto per un altro motivo. Il mio lavoro è soprattutto relazione con i clienti, la bella soddisfazione di avere la gratificazione del loro giudizio, il piacere dello scambio umano, la socialità diffusa. Il delivery è relazione fredda con il pubblico, l’unica relazione è con il ragazzo in bicicletta, vabbè…


Come immagini il futuro prossimo quando potrete riaprire?

Sicuramente dovremo fare tutti un passo indietro. Tutti, dico tutti. Noi ridurremo i prezzi, ma anche i fornitori dovranno farlo, gli affitti dovranno essere rivisti, ci sarà una riduzione generale del livello di vita, un deciso impoverimento.

Se prima per andare fuori a cena si potevano spendere una media base di 30-35 euro senza problemi, domani diventeranno 20-25 euro. Noi che attualmente abbiamo oltre 100 coperti, dovremo ridurli a circa 60. Vedi, penso che noi siamo come gli alberi: quando soffia forte forte il vento dobbiamo piegarci, sperando di non essere spazzati via…


Quindi ritieni che non torneremo più come prima? C’è una corrente di pensiero che lo auspica, sic…

Alla fine, piegato il virus e riconquistata tutta la socialità necessaria e auspicabile, certo! Ma finchè prevarrà questa cosa del “distanziamento sociale” …. Ti confesso che mi stanno facendo sentire impotente, costretto a ritirarmi nel mio orticello piccolo piccolo…

Spero che almeno ci avvertano con anticipo della data della possibile riapertura, per poterci organizzare per tempo.

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