Il Futuro di Pitti

Abbiamo intervistato alcune giornaliste fiorentine specializzate nel settore per sapere la loro opinione sul futuro della fiera della moda dopo gli anni della pandemia e gli altri disastri mondiali...

Alla vigilia della nuova edizione invernale di Pitti Immagine Uomo (e Bimbi e Filati) abbiamo chiesto ad alcune giornaliste fiorentine specializzate nel settore come vedono la fiera della moda dopo gli anni della pandemia e altri disastri mondiali che incombono su di noi. Tutto torna e tornerà come prima oppure ci sono dei cambiamenti importanti in corso? Se si quali? La loro opinione, la loro visione.


EVA DESIDERIO
(critico di Moda di Quotidiano Nazionale La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno e Quotidiano.net)
Nulla sarà più come prima. E forse non è proprio tutto male. Perchè Pitti Uomo arrivato in edizioni prepandemiche a radunare in Fortezza anche 1200 e più marchi cominciava ad essere un gigante un po' ingombrante, caotico, dove colossi del look maschile si trovavano a confrontarsi con realtà piccolissime e un po' invadenti. Che, per carità, ben venga il nuovo e la nicchia ma spesso non era così, il fare numero offuscava la creatività. Poi tre anni di dolori e sofferenza vera che ha messo alla prova duramente il salone internazionale ma soprattutto i bilancio di Pitti Immagine. Ma non la tenuta della squadra che ha reagito alla grandissima con l'on line, la continuità e la tenacia dei contatti, un prestigio consolidato in anni e anni di lavoro serio e appassionato, scouting perfetto e spesso sensazionale (che bei ricordi!), di giovani talenti lanciati come dal nulla che si chiamavano e si chiamano ancora oggi Raf Simons. Poi la scrematura e lo smarrimento post pandemia e subito la ripartenza gagliarda che ci porta a questo Pitti Uomo 103 con numeri importanti, un po' più di 750, e marchi al top, nonostante diverse "fughe" a Milano che spesso hanno il sapore dell'ingratitudine e della poca riconoscenza. Aziende familiari qui a Firenze sono diventate famose e internazionali, ora paiono essersi improvvisamente dimenticati di tutta la strada fatta insieme a Pitti Immagine e Centro Moda. Peccato, bisognerebbe sempre un po' guardare indietro se si vuole puntare al futuro ma la vanità  di presentare in proprio a Milano è troppa...

Pitti Uomo ora rialza la testa con ottimi numeri e tante sezioni, alcune sperimentali. Si allarga al lifestyle e pensa anche ai nostri compagni di vita, cani e gatti, con proposte di look e benessere, traguardo che solo agli incauti e ai puristi può sembrare esagerato. E invece no, la gente anche quella più alla moda, vuole sentirsi rappresentare da un mondo, da una tendenza in cui riconoscersi, da un'amore per i bei prodotti, finalmente duraturi. Poi c'è il cambio di prospettiva dei più giovani, che non ritengono più la moda icona fondamentale della loro esistenza, non sono più ossessionati dai loghi e dai marchi, scelgono in base alla voglia vera di abbigliarsi in modo personale, magari mixando tipologie di prodotto, attenti a capi che rispettano la natura, frutto di una filiera dello stile sana e consapevole. La chiamiamo sostenibilità, ma a me piace più definirla nuova semplicità e voglia di natura. Insomma Pitti Uomo sta imboccando una via certo più difficile rispetto a tre anni fa coi super numeri e la Fortezza che esplodeva. Adesso come critico di moda spero che la situazione si ribalti e si torni a visitare gli stand con occhi concentrati sulle sorprese creative. 


SILVIA PIERACCINI
Il Sole 24ore

Non è facile dire se Pitti Uomo tornerà ad essere com'era prima del Covid, quando alla Fortezza da Basso c'erano 1.200 marchi che presentavano le collezioni attirando 35mila visitatori, e Firenze erano invasa da tanti eventi e tante presentazioni delle aziende di moda. Quei numeri sono ancora lontani, ma ci sono tre elementi che lasciano ben sperare.

1) le crisi ci sono state anche in passato, ultima quella economica del 2008, e la fiera fiorentina della moda maschile si è sempre ripresa, riuscendo addirittura a trovare nuove strade, nuovi stimoli, nuovi temi e nuovi argomenti a cui attingere. 

2) è vero che le modalità e i tempi di presentazione delle collezioni sono cambiati, che il digitale ha ormai contagiato tutte le aziende, che i grandi marchi che venivano al Pitti Uomo oggi presentano le collezioni nel proprio showroom o sul Metaverso; ma è anche vero che nessun canale digitale al mondo potrà mai sostituire il piacere di toccare un tessuto, vederne la trama, confrontarne la 'mano'; e nessun canale digitale potrà mai sostituire le chiacchierate negli stand, i confronti con i prodotti esposti dalle aziende concorrenti, lo scambio di idee e di prospettive che una fiera permette. 

3) il traguardo non dev'essere quello di una fiera che torni ad essere “come prima del Covid”, quanto piuttosto quello di una fiera “nuova”, che sappia guardare alle nuove organizzazioni produttive, ai nuovi canali distributivi e di comunicazione, alla sostenibilità “vera”. Lo stile e il design restano il cuore, ma c'è bisogno anche del corpo.


LAURA ANTONINI
Corriere Fiorentino

Sono anni di grandi cambiamenti. Una pandemia, la guerra nel cuore d’Europa ma anche il debutto del metaverso e una rinnovata sensibilità verso la crisi ambientale. Uno scenario che determina e modifica anche il mondo della moda. Pitti Uomo, manifestazione leader nel settore del guardaroba maschile che da sempre inaugura i calendari della moda con l’avvio del nuovo anno torna a farsi interprete delle esigenze rinnovate. Una fiera che cerca di adeguarsi alla realtà e di sperimentare nuove formule. La fiera digitale, la possibilità di vedere le collezioni oltre il tempo fisico della manifestazione. Assistiamo poi ad un turnover di marchi. Alcuni hanno lasciato definitivamente la piazza fiorentina preferendo fare le presentazioni di collezione a Milano in Showroom; altri si affacciano per la prima volta in Fortezza. Spesso sono marchi piccoli e nuovi che hanno bisogno di quella visibilità internazionale che la fiera è ancora capace di dare ospitando buyer stranieri interessati al lavoro di scouting degli uomini e delle donne di Pitti Immagine. 

Allo stesso tempo tra gli stand debuttano nuovi spazi (design e pet) dedicati al lifestyle, essendo la moda ormai percepita oltre la semplice espressione di un modo di vestire a 360 gradi, come capacità di vivere le diverse dimensioni dello stile.

Ancora non è facile capire quale sarà la piega che prenderà questa manifestazione cara a Firenze nei prossimi anni. Un'apertura verso il mondo internazionale resta grazie alla partecipazione di ospiti speciali che, sempre di più, corrispondono a stilisti destinati a modificare il gusto dei guardaroba per i grandi marchi. Era successo con il compianto Virgil Abloh che proprio durante un'edizione estiva di Pitti, qualche anno fa, aveva portato la sua etichetta Off-White per poi approdare a Louis Vuitton. Quest’anno sono attesi la stilista Martine Rose che, secondo esperti, potrebbe essere proprio l’erede di  Abloh al timone del marchio francese, e il belga Jan-Jan Van Essche con il suo concetto di moda fluida ed essenziale. Protagonista indiscussa resta la Fortezza con gli stand e le anticipazioni di prodotto sulla prossima stagione autunno inverno. Non resta che attendere.


ILARIA CIUTI
La Repubblica

Si era detto tutto cambierà. Appena finiti i lock down si è ripreso a uscire, a ben vestirsi, a spendere, a consumare. Tanto che la moda, specie di lusso, ne ha beneficiato assai più di quanto essa stessa si aspettasse, con un 2022 in cui i fatturati hanno scavalcato quelli ante covid. Tutto come prima? 

Non esattamente, perché i gusti sono cambiati, è venuto in auge il vestire formale benché più spigliato, essendosi liberati dopo due anni matrimoni e occasioni sociali. Basti dire che i capi che hanno avuto il maggiore aumento sono cravatte, camicie, gilet. Ma se la voglia di tornare a uscire vuole un’eleganza  ringiovanita, la lunga passata abitudine al divano di casa esige anche leggerezza, comodità, comfort. Purché di qualità. Finisce, inoltre, il gioco dello sportswear e dello street style, vince l’outdoor, il  semplice piacere di uscire all’aria aperta. E Pitti Uomo lo intercetta con la sezione “I go out”. Sono tornati gli espositori e i buyer, certo ancora la metà di prima. Ma la si giudica una buona ripartenza e che il desiderio di toccare, vedere e confrontarsi non si estinguerà, anzi conviverà con l’online, giovandosi a vicenda. 

 Ma cosa accadrà adesso con un futuro assai incerto, tra la massima inflazione di questa generazione, guerra, incertezze della politica internazionale, come delle materie prime e dei loro costi? Difficile prevedere, la situazione è fluida e a questa fluidità dovranno adattarsi anche il mondo della moda e le sue fiere. Compresa l’attitudine gender fluid che obbligherà la moda a ripensarsi, non solo nel design ma anche nel vendere e nel presentarsi. Dunque anche le fiere della medesima. Come, non solo per via dell’inflazione ma anche per una nuova attitudine, ancora prima della sostenibilità che è più complessa, arriva specie tra i giovani la circolarità e il vintage impera perfino nei corner dei grandi department store, vedi A.N.G.E.L.O., l’usato più famoso, alla Rinascente. Un tema su cui anche le fiere dovranno riflettere. 


BEATRICE CAMPANI
ANSA

E se il futuro di “Pitti Uomo” fosse “Pitti Lifestyle”?  A guardare la mappatura della prossima edizione, sembra quasi riduttivo inserire la fiera sotto al cappello “uomo”. E anche l’organizzazione deve aver pensato che per orientarsi in questo dedalo di avversità, la fiera debba diventare un luogo che ogni sei mesi si evolve all’insegna dell’inclusività, abbracciando tutto ciò che accade nel sistema moda e lifestyle e dando voce a chi ne ha bisogno. Questo vale per le categorie merceologiche in mostra: all’edizione 103 di gennaio 2023 nascono le nuove sezioni dedicate all’abbigliamento outdoor, all’interior design e agli accessori per animali. Tra i padiglioni della Fortezza non ci sono più solo collezioni di abbigliamento e accessori uomo e donna, ma tutto quello che sta dentro al cappello “lifestyle”. Ma vale anche per tutti quei brand che puntano sulla fiera per proporre la propria idea di moda (genderless, ad esempio), per lanciare un messaggio o per avviare un discorso su temi importanti, come diritti civili, sostenibilità, etica del lavoro. Temi che fanno breccia nel cuore degli Under 30, molto attenti e informati. E che quindi anche i compratori cercano nelle collezioni da ordinare per i propri negozi. Proprio in questo senso va vista la scelta dell’organizzazione di invitare come ospite lo stilista belga Jan-Jan Van Essche, che porta a Firenze un concetto di moda fluida, ovvero senza distinzione di genere. Certamente la fiera sta dialogando con le grandi problematiche del momento, pandemia e guerra hanno influito sulla presenza dei brand al salone che sono 759 confermati nel momento in cui scriviamo (erano 1200 prima della pandemia). Ma c’è anche la questione buyers: arrivare in Italia, come ben sappiamo, da alcuni paesi del mondo è ancora molto difficoltoso, se non impossibile. Questo implica una minore presenza di compratori in Fortezza. Ecco che aprirsi e non chiudersi, includere e non escludere, potrebbe essere una strada che la dirigenza ha individuato come l’unica possibile. Ampliando le possibilità, per i brand e per i buyers. D’altra parte, Pitti Immagine ha dimostrato le proprie capacità ed eclettismo con altri saloni: Taste dedicato alle eccellenze eno-gastronomiche, Fragranze per la profumeria artistica, Testo per i libri. Probabilmente per Pitti Uomo l’idea è quella di includere in Fortezza tutto quello che ruota attorno al concetto di stile. Includere, appunto.

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