Ristoratori Toscani: SOS guardando all'autunno

Sondaggio da allarme rosso: senza un anno bianco fiscale, moratoria affitti, sostegni finanziari, licenziamenti e chiusure saranno inevitabili.

È stato il fenomeno politico-sociale durante l’emergenza sanitaria. In poche settimane intorno a un gruppo di ristoratori fiorentini coordinati, tra gli altri, da Pasquale Naccari (Il Vecchio e il Mare) e Raffaele Madeo (Pizzaman) si è formata un’associazione spontanea di 9mila imprenditori, per un totale di 13mila ristoranti nella regione, di cui 4mila a Firenze, e 53mila dipendenti.

Il punto saliente della mobilitazione è stato e rimane lo stato di grave crisi economica in cui è precipitato il settore a causa dell’emergenza Covid e la necessità che nelle politiche governative di affrontamento della situazione questo settore venga considerato quanto merita, come tutto il mondo del turismo del resto, cosa che per adesso non si è vista molto peraltro.

Si rischia una situazione paradossale: in particolare i centri storici, svuotati dagli abitanti dalle politiche degli anni precedenti che li hanno irreversibilmente spinti verso una dimensione iper turistica – “la Disneyland del Rinascimento” - oggi vedono un devastante ribaltamento in una sorta di “Pompei della Grande Bellezza”.

 

Da pochi giorni è stata diffusa una ricerca che evidenzia come “25mila lavoratori della ristorazione rischiano il posto in Toscana, 6mila a Firenze” accompagnata dalla richiesta di un “Rinvio di tutte le imposte al 2021. Altrimenti, dicono “a novembre chiudiamo”.

 

Secondo l'indagine basata su interviste agli associati, il 90% dei ristoratori toscani, se non ci fosse il blocco, sarebbe pronto a licenziare. A rischiare il posto sono 25mila dipendenti in Toscana, di cui 6mila a Firenze, e questo solo sulla base dei 13mila locali aderenti a Ristoratori Toscana.
La perdita di fatturato rispetto all'epoca pre Covid è mediamente del 75%, con picchi oltre il 90%. Solo il 10% dei ristoratori ha avuto inoltre gli aiuti sopra i 25mila euro, mentre la cassa integrazione di marzo e aprile è arrivata all'80% delle imprese del settore. Con la riapertura, solo il 35% dei lavoratori è stato richiamato a lavoro.

 

A livello territoriale, a soffrire di più sono le città d'arte, Siena, Pisa e in particolar modo Firenze. Il 60% dei ristoratori fiorentini che hanno partecipato al sondaggio hanno dichiarato che se entro ottobre non arriveranno aiuti, saranno costretti a chiudere. Il 35% dei locali che aveva coraggiosamente riaperto è in procinto di riabbassare le saracinesche. Sono circa 500 i ristoranti, inoltre, quasi tutti in centro storico, che chiuderanno per tutto agosto, vista la carenza di lavoro. Soprattutto chi lavora coi turisti e collabora con gli alberghi non ce la fa a far quadrare i conti. Se le città d’arte soffrono di più, anche la costa non sorride, con il lavoro che è concentrato soprattutto nel week-end e non basta certo a compensare le enormi perdite.

 

«Previsioni foschissime. Chiediamo a gran voce un anno bianco, con rinvio al 2021 di tutte le scadenze fiscali. Altrimenti non riusciremo a sopravvivere», afferma Pasquale Naccari, portavoce del gruppo. Il problema numero uno, spiega, «è la mancata erogazione del credito da parte delle banche, che prima hanno mandato segnali d’apertura e poi hanno fatto dietrofront». «Chiediamo un urgente accesso al credito. Non possiamo continuare a raschiare il fondo del barile. Chi è in cassa integrazione prende il 40% dello stipendio. In soldoni, si tratta di 5-600 euro al mese coi quali è impossibile andare avanti». E poi c’è il «dramma del mancato accordo sulle locazioni». Solo un ristorante su cinque (20%) ha ottenuto una riduzione sul canone di affitto. A tale proposito la richiesta è quella di «fare una moratoria sulla legge Bersani per evitare almeno che chi chiude adesso venga subito rimpiazzato da un’altra attività».

 

 

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