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Marco Predieri, in diretta dal... balcone!

Marco Predieri è attore, regista, giornalista, autore teatrale, collaboratore alla direzione artistica del Teatro di Cestello.

La tua “nuova" giornata ora che sei a casa.
La concentro a scrivere e a progettare il futuro, con spirito costruttivo… Certo con ritmi più rallentati, forse anche più “umani”, concedendomi momenti di riflessione in terrazza, per fortuna ho un bel panorama davanti. Tuttavia già un po' mi mancano le corse di tutti i giorni. Sto scrivendo una nuova commedia, credo sia un giallo, ma lo sto scoprendo strada facendo, insieme ai miei personaggi. Recupererò altre idee in tal senso rimaste nel cassetto. Mi diverto a cucinare anche le scorte che ho in casa, poi resto in contatto col mondo col telefono e i social e la sera, in piccole dirette facebook, alle 21, l’orario in cui in tutto il mondo si alzano i sipari, racconto un po' di teatro, suggerendo alcune cose da guardare on-line, perché se a teatro non ci si può andare si può fare in modo, per ora, di farlo venire a casa.

La cosa che ti colpisce di più di questa tua inedita situazione.
Quanto si diano per scontate le nostre libertà di tutti i giorni. La mia generazione, ma credo quasi tutti, ad eccezione degli anziani che sono nati durante la guerra o addirittura che l’hanno vissuta da bambini, si trova di fronte a un pericolo inedito che porta con sé restrizioni difficili da assimilare e comprendere, se non per un senso di responsabilità verso noi stessi e il prossimo. Mi colpisce la necessità di una presa di coscienza che fino a ora nessuno ci aveva mai veramente chiesto di assumere e spero che almeno questo serva a rileggere sotto una luce più intima e autentica il valore stesso del nostro essere uomini liberi in una società libera, dove dobbiamo però recuperare molto il rispetto per l’altro e le sue libertà e i diritti altrui.

La cosa che ti preoccupa di più di questa tua inedita situazione.
Quello che verrà dopo. Sul piano economico personale ovviamente, ma anche generale, sul piano culturale, della sopravvivenza stessa di molte attività e per quanto concerne il mio mondo di tutto il settore dello spettacolo dal vivo, in particolare di quello privato, che anche a me da mangiare. Mi preoccupano anche i risvolti umani. Gli appelli all’asocialità sono giustissimi per lo stringente periodo che stiamo vivendo, per proteggerci gli uni con gli altri, ma spero che non si trasformino in un'abitudine anche dopo che tutto questo sarà passato. Lasciato questo mostro alle spalle, cosa che ovviamente accadrà, speriamo il prima possibile, vorrei che restassero alle spalle anche le paure e le reciproche diffidenze. In questi giorni se dobbiamo uscire per lavoro, per fare la spesa, andare in farmacia non ci guardiamo neppure più negli occhi, non ci sorridiamo neppure a distanza. Questo mi fa male e mi spaventa e mi auguro di tutto cuore che non sia qualcosa che si insinua nei nostri nuovi costumi anche oltre l’emergenza.

Come la vedi la prospettiva, secondo te quando ne usciremo?
Non lo so, io sono un saltimbanco, mestiere che sarà molto utile quando potremo, col nostro lavoro, provare a risollevare un po’ gli spiriti, magari l’umore stesso della nostra società, compito che toccò già ai nostri predecessori nel dopoguerra, anche se neppure all’epoca l’arte dello spettacolo si fermò completamente, com’è invece accaduto oggi. Ma il nemico che abbiamo davanti è persino più insidioso. Ora la parola è alla scienza e alla medicina e dobbiamo lasciare parlare e lavorare serenamente medici, personale sanitario e scienziati, magari ricordandoci di loro anche in tempo di normalità e del valore della ricerca. Ne usciremo, di questo sono certo, e lo siamo tutti, e lo faremo con energia e voglia di risollevarci. Ce lo insegna anche la storia stessa. Mi auguro che la primavera e l’estate non tardino a venire.  

Un consiglio ai nostri lettori per passare il tempo a casa…
Essere curiosi, anche stando a casa. E’ un consiglio sempre valido. Internet è una finestra sul mondo, anche sul passato… possiamo recuperare tante cose che non abbiamo mai avuto il tempo o il modo di conoscere. Per esempio tanti attori, spettacoli, artisti che non ci sono più e che hanno reso questo nostro Paese un caleidoscopio di colori ed emozioni, ne sono stati le vitamine innescando persine il boom economico e la ricostruzione del dopoguerra. Nelle mie dirette la sera offro qualche suggerimento in tal senso. Si possono fare visite virtuali ai musei e siti archeologici del nostro meraviglioso Paese. Ci si può divertire in cucina. Io potrei per esempio imparare finalmente a fare i dolci, che è l’unica cosa che proprio non mi viene bene ai fornelli. Si può riscoprire il piacere della lettura, con la lentezza opportuna per assaporare le parole e formare nella mente le immagine che ci suggeriscono. Anche, perché no, riprendendo in mano dei classici, che riletti lontano dagli anni della scuola riservano sorprese incredibili, per esempio “I promessi sposi” …

Parola d'ordine: Riaprire in Sicurezza!

L’associazione “Le Cento Botteghe” che rappresenta le attività commerciali di Via Gioberti, oltre 150 tra negozi, servizi, botteghe storiche e locali di somministrazione, lancia il suo grido d’allarme: in sostanza affermano che bisogna riaprire subito, non oltre il 3 dicembre, ovviamente rispettando mascherine, distanziamenti e igiene, ma dobbiamo ricominciare a lavorare. Altrimenti ci aspetta un disastro e una mortalità sociale senza precedenti…

Il primo Centro Commerciale Naturale della città dichiara: “Comprendiamo perfettamente l’esigenza sanitaria e abbiamo accettato come tutti la chiusura durante il primo lock down chiudendo le attività. Poi con serietà e responsabilità le abbiamo riaperte - si legge nel comunicato - rispettosi di tutte le norme igienico sanitarie e investendo in sistemi e prodotti di sicurezza e igiene (…).”

“Abbiamo avuto fiducia nelle nostre Istituzioni e abbiamo immaginato che il Natale ci avrebbe in parte ripagato dei sacrifici di quest’anno. Abbiamo quindi acquistato e riempito i nostri negozi di prodotti e merci malgrado ci costasse molta fatica o addirittura non potessimo permettercelo, ma eravamo fiduciosi.
Oggi però ci sentiamo imbrogliati e sentiamo la nostra fiducia tradita, sentimenti che insieme alla paura non possono che sfociare in rabbia.
Non possiamo proprio comprendere quale pensiero abbia condotto alla stesura degli allegati 23 e 24 del DPCM del 3 Novembre che costringe alla chiusura nelle regioni rosse solo alcune categorie merceologiche.
 Sicuramente le categorie costrette a chiudere in base al suddetto decreto sono le meno necessarie, rappresentano beni superflui, non strettamente necessari o comunque non soggetti ad urgenza, ma nello stesso tempo si tratta prevalentemente di attività che non creano assembramenti o dove si possono comunque agire facilmente controlli e misure di contenimento dei rischi.
Inoltre il numero delle attività interessate dalla chiusura è davvero esiguo in rapporto a tutte le attività che restano aperte e facciamo fatica a credere che l’impatto di queste chiusure sui contagi e la circolazione del virus possa essere effettivamente rilevante. 
Riteniamo inoltre inaccettabili le modalità attraverso le quali in Toscana siamo passati in soli quattro giorni da zona arancione a zona rossa. Siamo rimasti attoniti, nessuno se l’aspettava e la notizia è stata data senza chiarezza e trasparenza, di fatto non sappiamo sulla base di quali dati sia stata presa questa decisione.” 

E prosegue: “Non è ammissibile non avere ancora un orizzonte chiaro rispetto al Natale, se almeno ci aveste detto che la chiusura di novembre serviva a salvare le vendite del mese di dicembre ci saremmo almeno potuti aggrappare alla speranza di recuperare. Ma corrono notizie davvero poco rassicuranti per non dire completamente folli come un’eventuale riapertura al 15 di dicembre, con lo scopo di affollare in quei nove giorni marciapiedi e negozi?
Evidentemente non avete nessuna idea del danno economico che un eventuale mancato Natale procurerebbe a chi ci ha già investito, sappiate che con i vostri ristori noi al massimo ci paghiamo qualche bolletta. 
Non volevamo sentire parlare di ristori a metà novembre, ma di strategie e disegni concreti per far fronte all’emergenza della seconda ondata di Covid che per quanto inaspettata nelle dimensioni non avrebbe dovuto cogliervi così impreparati.
 Noi eravamo pronti a fare ancora di più di quello che già stiamo facendo da mesi per limitare al massimo le possibilità di contagio nei nostri locali.
Lo siamo ancora ovviamente, disposti ad assumerci responsabilità e a trovare strategie alternative, orari ridotti, contingentamenti dei flussi, distanziamenti più rigidi, nuove regole.
Il commercio di prossimità è un attore sociale importante, trasmette valori, diffonde informazioni e costruisce senso di comunità, basterebbe ricercaste la nostra collaborazione e il nostro coinvolgimento. 
Abbiamo bisogno di riaprire al massimo il 3 di dicembre le nostre attività, non possiamo andare oltre.
 Di fronte agli spot di Amazon che imperversano in tv e che invitano a comprare in anticipo i regali di Natale ci sentiamo tanto piccoli e a rischio di estinzione”. 

Le Cento Botteghe chiedono in sostanza alle istituzioni nazionali di rivedere e correggere gli allegati 23 e 24 del DPCM del 3 novembre inserendo anche quelle categorie merceologiche escluse dalla lista.
Chiedono alle istituzioni locali un incontro per capire le loro posizioni su quanto espresso nella lettera. Lettera che si conclude con un mezzo avvertimento, quasi un ultimatum, sicuramente un’azione disperata: “sono molti gli esercenti che al 3 di dicembre sono intenzionati ad aprire anche se non autorizzati. Sono impauriti, disperati, sfiduciati e molto arrabbiati.

La palla ora passa alle istituzioni che oltre a dover gestire la pressione degli operatori sanitari iniziano a fare i conti con quella della società civile. Seguono aggiornamenti.

Gaia Nanni, un'attrice al tempo del #coronavirus

Bravissima e simpaticissima attrice di teatro, Gaia Nanni, ha lavorato con Ferzan Ozpetek, Gianfranco Pedullà, Claudio Morganti, Alessandro Riccio, Maurizio De Giovanni, Antonio Frazzi, Massimo Sgorbani, Leonardo Pieraccioni e molti altri. Riceve nel 2013 la sua prima candidatura ai Premi UBU come migliore attrice e nel 2019 riceve il Premio per il Cinema Renzo Montagnani. Diplomata al Teatro Puccini di Firenze, si dedica al palcoscenico da oltre quindici anni rendendolo la sua attività principale.

La tua “nuova" giornata ora che sei a casa...
Inizia senza sveglia, col proposito di mettermi a dieta, che puntualmente rimando, e col desiderio che tutto finisca il prima possibile, che puntualmente tengo vivo dentro di me. Mi vesto, mi trucco, pettino capelli e pensieri e divento la "Mamma Gaia". Ogni giorno impariamo una lettera dell'alfabeto, raccontiamo storie di personaggi famosi che hanno fatto la storia del nostro mondo, spesso andando proprio in quella direzione ostinata e contraria che nessuno si sarebbe aspettato. Racconto storie: prima lo facevo per lavoro; oggi lo faccio per i miei figli.

La cosa che ti colpisce di più di questa tua inedita situazione?
Questi "arresti domiciliari" mi obbligano a fare i conti con tutto quello che conta davvero. Io ero un'attrice sempre in bilico tra teatri, città, alberghi. Vedevo centinaia di spettatori ogni settimana, scambiare abbracci e pensieri era il mio nutrimento quotidiano. Trovarmi improvvisamente a casa ferma e senza valigie sull'uscio è stato uno shock. Si fa i conti improvvisamente con una domanda infernale: io chi sono? Se non posso più fare quello che facevo cosa resta di me?

La cosa che ti preoccupa di più di questa tua inedita situazione?
Aver perso il mio lavoro, averlo perso tutto d'un botto. Non abbiamo avuto neanche il tempo di vedere la platea svuotarsi pian piano, di far mente locale su cosa stesse succedendo. Siamo rimasti a casa da un giorno all'altro. Io sono una attrice di teatro, nel mese di marzo avevo 18 repliche fissate, se ne sono andate via tutte in poche ore. Contratti annullati, teatri chiusi. Col mio lavoro ci pago il mutuo, le bollette e la spesa per la mia famiglia; sembra un'ovvietà ma non lo è quando si parla di lavoratori dello spettacolo perché ahimè vi è qualcuno che continua a figurarseli come degli appassionati, siamo dei lavoratori al pari degli operai e degli artigiani. Abbiamo perso tutto come tutti.

Come la vedi la prospettiva, secondo te quando ne usciremo?
Non ne ho idea, mi piacerebbe pensare che arrivato il caldo si possa risorgere tutti come le gemme, le zanzare (mortacci loro) e i bikini impilati in fondo all'armadio. Speriamo.

Un consiglio ai nostri lettori per passare il tempo a casa… (cucinare un piatto, quale?, leggere un libro? quale, ecc…)
Fate amicizia con la vostra famiglia e se vi sembrano delle brave persone fateci l'amore!

I RISTORANTI E IL VIRUS: THE DAY AFTER… / 1

Lui è un personaggio particolare. È lui ad avere creato il suo ristorante: non l’ha ereditato dai genitori, ne l’ha acquistato sul mercato. Lo ha fondato ex novo diversi anni fa e vanta ad oggi (prima del coprifuoco sanitario, ovvio…) grandi numeri e grandi soddisfazioni.

  • Una media giornaliera di circa 120 clienti, sette giorni su sette.
  • Un giro d’affari annuale di circa 1 milione e 200mila euro.
  • Dodici dipendenti.
  • Tasse, contributi e iva pagati per circa 300mila euro annui. Fino ad oggi, capito?


Con lui affrontiamo gli scenari prossimi venturi del mondo della ristorazione, alla luce della gravissima situazione che si è determinata con l’emergenza sanitaria in corso.

 

Cosa avete fatto appena è scattato il blocco di tutte le attività?

Abbiano corrisposto le buste paga di febbraio e a marzo abbiamo avanzato la richiesta della cassa integrazione… Poi abbiano cercato di sospendere momentaneamente le rate degli affitti e per fortuna abbiamo avuto una risposta positiva, data l’emergenza, dalla proprietà dei nostri locali.


Quanto pensate di poter reggere in questa situazione?

La cassa integrazione dovrà essere prolungata, perché la ripresa, quando ci sarà, sarà molto graduale.


Confidi negli aiuti dello stato?

Se arrivano bene, certo. Ma non ci conto più di tanto. Penso che dobbiamo guardare dentro noi stessi e trovare una soluzione interna, ripensando la formula complessiva della nostra offerta per quando potremo riaprire.


Tavoli distanziati… cosa ne pensi?

Se vai a cena al ristorante ci vai per star bene, con amici, amori, socialità. Non ci vai strettamente per mangiare, non oggi. Ma purtroppo se è vero che il virus si diffonde con i contatti ravvicinati, non vedo alternative a queste regole.


In questa situazione generale c’è chi guadagna?

Non saprei. Anche la grande distribuzione certamente incassa, ma alla fine sono acquisti scaglionati e quindi vorrei vedere l’esito a fine giornata…


Cosa ne pensi del delivery?

Io non l’ho mai fatto. Non credo che darà grandi possibilità economiche ai ristoranti, anche perché l’aggio da corrispondere alle società specializzate oscilla intorno al 30-35%.

Ma soprattutto per un altro motivo. Il mio lavoro è soprattutto relazione con i clienti, la bella soddisfazione di avere la gratificazione del loro giudizio, il piacere dello scambio umano, la socialità diffusa. Il delivery è relazione fredda con il pubblico, l’unica relazione è con il ragazzo in bicicletta, vabbè…


Come immagini il futuro prossimo quando potrete riaprire?

Sicuramente dovremo fare tutti un passo indietro. Tutti, dico tutti. Noi ridurremo i prezzi, ma anche i fornitori dovranno farlo, gli affitti dovranno essere rivisti, ci sarà una riduzione generale del livello di vita, un deciso impoverimento.

Se prima per andare fuori a cena si potevano spendere una media base di 30-35 euro senza problemi, domani diventeranno 20-25 euro. Noi che attualmente abbiamo oltre 100 coperti, dovremo ridurli a circa 60. Vedi, penso che noi siamo come gli alberi: quando soffia forte forte il vento dobbiamo piegarci, sperando di non essere spazzati via…


Quindi ritieni che non torneremo più come prima? C’è una corrente di pensiero che lo auspica, sic…

Alla fine, piegato il virus e riconquistata tutta la socialità necessaria e auspicabile, certo! Ma finchè prevarrà questa cosa del “distanziamento sociale” …. Ti confesso che mi stanno facendo sentire impotente, costretto a ritirarmi nel mio orticello piccolo piccolo…

Spero che almeno ci avvertano con anticipo della data della possibile riapertura, per poterci organizzare per tempo.

I Ristoranti e il Virus: the Day After / 2

Simone è il creatore di Quinoa (sfizioso ristorante gluten free), aperto sei anni fa in pieno centro, nella corte di Piazza San Pier Maggiore, posto suggestivo soprattutto per il bello spazio all’aperto, anche se abbastanza “invisibile” dall’esterno. Nonostante questo apparente handicap il locale vantava (prima del coprifuoco sanitario, ovvio…) una media di circa 150 coperti a pranzo, e 40-50 per la cena. Due anni fa invece ha inaugurato L’OV in Piazza del Carmine, ristorante vegetariano–vegano che conta mediamente ogni sera 70-80 coperti.

Due aziende che complessivamente superano largamente il milione di euro di ricavi annui, contribuendo per alcune centinaia di migliaia di euro di tasse, contributi e IVA ai bilanci pubblici e impiegando oltre 15 dipendenti.

Con lui affrontiamo gli scenari prossimi venturi del mondo della ristorazione, alla luce della gravissima situazione che si è determinata con l’emergenza sanitaria.

 

Cosa avete fatto appena è scattato il blocco di tutte le attività?

Inizialmente abbiamo iniziato con il distanziamento dei tavoli, ma poco dopo è arrivato il decreto e abbiamo dovuto chiudere. Per i dipendenti abbiamo avviato la richiesta della cassa integrazione (in corso ad oggi…) e richiesto alle due proprietà degli immobili un congelamento delle rate degli affitti, data l’emergenza. Vediamo se l’accordano.

 

Quanto pensate di poter reggere in questa situazione?

Dipende dalle “spalle” di ciascuno ristoratore. Stiamo rivolgendoci alla banche per capire come accedere ai finanziamenti. I “numeri” della pandemia che giungono in questi giorni ci stanno un po’ rassicurando, anche se tutto resterà chiuso fino ai due “ponti” del 25 aprile e del 1 maggio… Dopo si dovrebbe vedere la terra promessa della riapertura (metà o fine maggio).

Certo non contiamo sul turismo, di quello se ne riparla l’anno prossimo. Ma il nostro locale lavoro soprattutto con i fiorentini, quindi questo ci preoccupa meno.

 

Come immagini il futuro prossimo quando potrete riaprire?

Più le notizie saranno confortanti, più la gente avrà voglia di rivedersi e tornare al ristorante. Gli italiani hanno la memoria corta e si lasceranno alle spalle tutto questo molto volentieri. Mi auguro tuttavia che questa vicenda ci faccia riconsiderare il nostro stile di vita, dando maggiore attenzione all’ambiente e al rispetto della natura.

 

Cosa ne pensi del delivery?

Io sono contrario in generale e non siamo organizzati in questo senso e perciò non l’ho fatto, ma magari può essere un’arma in più. Ma funziona solo su alcuni piatti. Le società specializzate ci hanno corteggiato, magari potevo utilizzarlo per coprire la fascia dei celiaci.

 

Che scenario vedi profilarsi per il settore ristoranti a Firenze?

Una certa mortalità ci sarà di sicuro. I più penalizzati credo saranno i ristoranti più esplicitamente turistici, che lavorano con una clientela non fidelizzata. Diverso penso sarà il caso di chi ha lavorato sulla qualità e con una formula di cucina gustosa e accessibile a tanti. Prevarrà comunque chi riuscirà a mettere il cliente al centro dell’attenzione. Rimarranno in piedi i veri professionisti.

 

Pensi a una diversa politica dei prezzi?

Nel nostro caso non credo, poi vedremo magari qualche promozione. Tuttavia noi abbiano una pasta senza glutine che ci costa 8 euro al kg, invece dei 2,50 della normale; la farina senza glutine costa tre volte tanto; il pane 10 euro al kg, un filone normale invece va sui 2,50. Non credo che dobbiamo svenderci per attirare clientela.

 

A Firenze si pagano affitti piuttosto elevati. Come la vedi?

Per gli affitti si dovranno negoziare nuove canoni. Anche ai proprietari converrà, più abbassano, prima riscuotono.

 

Un auspicio?

Mi auguro che gli italiani quest’anno, vacanze permettendo, restino in Italia, e spendano in Italia.

Compriamo italiano, Mangiamo italiano!

 



QUINOA

Cucina gluten free, formula green che ben si adatta anche ai gusti di vegetariani, vegani e bio-integralisti, ma il menu è anche per onnivori. Noi abbiamo gustato baccalà mantecato alla veneta con polentina e bagnetto verde; ravioli ricotta e spinaci con pomodoro, orecchiette di pasta fresca, carne, pesce o alternativa vegana, a prezzi molto convenienti. Da provare il pane con farina di quinoa, morbido dentro e croccante fuori. Valore aggiunto la corte interna del palazzo, dove con la bella stagione si cena all’aperto tra bellezze Rinascimentali.

Ogni dom dalle ore 12 Pranzo della domenica, 100% senza glutine.

Vicolo di Santa Maria Maggiore, 1 - 055 290876 - www.ristorantequinoa.it

 

L’OV

Raffinato ristorante vegetariano in Oltrarno. Un luogo che odora di passato, vecchie mura in marmo bianco dell’antico mercato del pesce di Firenze si fondono con un lungo bancone verde muschio, antiche volte si abbinano a arredi moderni e colorati. Il patron Simone Bernacchioni con lo chef Danilo Dispoto ha ideato un estroso menu per vegetariani, vegani, celiaci e intolleranti al glutine. Nduja vegana con il sapore dolce dei cachi. Carpaccio di zucca Mantovana, contorno a una burrata pugliese e chicchi di melograno. “Fave e cicorie” o zuppa agro piccante thai. E le polpette, con radicchio trevigiano e miglio, o la chitarra in crema di rape, olive e mollica croccante. Pasta e fagioli, con i maltagliati. Piatti ispirati alla cucina regionale e a quella etnica. Prezzi medi.

Piazza del Carmine, 4r - 055 2052388 - info@osteriavegetariana.it - www.osteriavegetariana.it

 

Governo sveglia! Così moriamo tutti.

E' abissale la distanza che separa gli innumerevoli annunci fatti dal Governo attraverso conferenze stampa quasi quotidiane e la realtà con cui puntualmente le nostre aziende fanno i conti il giorno dopo, quando le banche sbattono loro la porta in faccia negando ogni forma di aiuto
E' dura la contestazione del presidente del Consorzio Vino Chianti Giovanni Busi che si fa portavoce di una situazione ormai non più sostenibile della filiera del vino toscano e nazionale a causa delle conseguenze sull'economia dovute all'emergenza Covid.


“Le nostre aziende ormai non sanno più cosa fare. Per ovvi motivi siamo costretti a continuare l'attività perché l’agricoltura non può fermarsi e uno stop significherebbe per noi abbandonare i nostri vigneti con il rischio concreto di non avere poi la forza di ripartire.” 

“Come Consorzio – spiega Busi – abbiamo preso decisioni drastiche come la riduzione della produzione del 20% con gravi danni economici per le aziende. Una scelta indispensabile per mantenere in equilibrio la produzione con il mercato. Dall'altra parte non possiamo che notare con sgomento e profonda preoccupazione che il Governo, aldilà degli annunci televisivi e dirette facebook, non ha ancora previsto alcun sostegno concreto per permetterci di sopravvivere.”


“Noi siamo anche disposti ad indebitarci nell'interesse del Paese per salvaguardare la nostra attività, ma per poterlo fare non possiamo prescindere dalla garanzia che lo Stato deve darci, prevedendo, fra le altre misure, l'annullamento momentaneo degli accordi di Basilea. Perché, e qui ci rivolgiamo al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è inutile illuderci tenendoci incollati davanti al televisore aspettandoci un aiuto che puntualmente si infrange contro le porte scorrevoli delle banche, dove, in alcuni casi addirittura ci vengono ridotti gli affidamenti”. 


“L'agricoltura e gli agricoltori sono al collasso. Continuiamo a pagare i nostri dipendenti che lavorano regolarmente e i nostri fornitori per mandare avanti l'attività nei campi. Dall’altra parte invece non si incassa il vino che abbiamo già venduto prima dell'emergenza in attesa di capire quando e se riaprirà chi deve pagarci. Le aziende che oggi continuano a vendere lo fanno nella grande distribuzione ma sono un numero assai ridotto rispetto alla mole di piccole e medie imprese della filiera vitivinicola che sono alla disperazione. Il Governo agisca rapidamente con interventi seri e concreti e una volta approvati, allora sì che potrà annunciarli.”


Consorzio Vino Chianti  - Tel+39 055 -333600



#RisorgiamoItalia

Ormai è un movimento nazionale, qualcuno li sta paragonando ai Gilet Gialli della Ristorazione italiana.
Imprenditori e lavoratori del mondo Ho.re.ca. (Hotellerie, Restaurant, Café, Catering) e dei Locali di Pubblico Spettacolo annunciano la prima manifestazione nazionale di protesta dopo ormai due mesi di chiusura forzata, nessuno provvedimento economico concretamente attuato e vaghe prospettive su una futura ripresa.


L'evento è stato preannunciato da Pasquale Naccari, portavoce del gruppo Ristoratori Toscani, domenica scorsa nel corso della trasmissione di ITALIA7 "Domenica Bestiale" dedicata propio alla rivolta del commercio.


L’obiettivo  è accendere i riflettori e richiamare l’attenzione del Governo su un settore formato da oltre 1milione e 500mila lavoratori,  un motore decisivo del PIL Italiano, considerando gli 87 miliardi di fatturato, circa 500.000 attività commerciali che impiegano circa 1.500.000 dipendenti incluso l’indotto di forniture e servizi, che rischia di non riprendersi più.

 “Le probabili misure che lo stato prenderà per l’eventuale riapertura di ristoranti, bar, pizzerie, pasticcerie, discoteche e lidi balneari – si legge nel comunicato - non sono sostenibili per la gestione ordinaria di un locale e insopportabili economicamente.


Ecco perché il 29 aprile, la mattina dopo aver acceso per la ultima volta le luci, gli imprenditori andranno davanti ai loro comuni a consegnare le chiavi dei propri locali. Sebbene loro vogliano fortemente aprire e tornare al proprio lavoro, oggi non ci sono i presupposti economici per poterlo fare: “In sintesi ci stanno chiedendo di aprire con gli stessi costi, se non più di prima della emergenza epidemiologica, con una previsione di incassi nella migliore delle ipotesi pari al 30% sull’anno precedente” affermano.

Ecco le sigle di associazioni e gruppi spontanei nati sui social, confluite nella federazione nazionale di imprenditori della ristorazione M.I.O  (Movimento Imprese Ospitalità), Treviso Imprese Unite, Comitato Ho.re.ca Milano, Rinascita Pubblici Esercizi Rimini, Ristoratori Emilia Romagna, Allarme Italia Liguria, Ristoratori Toscana, Ho.re.ca Umbria Uniti, Consorzio Foligno InCentro, RistorItalia Marche, Associazione Pizzaiuoli Napoletani,BPU Brand Partenopi Uniti con IoNonApro, Associazione Commercianti Salerno, Gruppo Avellino, Movimento Impresa Puglia, Associazione operatori turistici Porto Cesareo, A.R.T. Associazione Ristoratori Trapanesi, Carboni Attivi Sicilia, Comitato Ho.re.ca Nord Sardegna-Alghero ed il gruppo nazionale di Ho.re.ca Unita e l’associazione GPN che aderiscono alla manifestazione (in ordine geografico da nord a sud) per un numero stimato di circa 75.000 imprese.


INFO & CONTATTI

M.I.O | Movimento Imprese Ospitalità

 https://www.facebook.com/groups/228795458464428

@risorgiamoitalia

#risorgiamoitalia


Per chi vuole aderire alla manifestazione o alla federazione:

Andrea Penzo: Treviso Imprese Unite 347. 0706520

Raffaele Madeo: Ristoratori Toscana 328. 685 2802 https://www.facebook.com/groups/196181221661821/

Paolo Bianchini: Ho.re. Ca Uniti 335. 337 754

Maurizio Mastrorilli: Movimento Impresa Puglia 392. 9111969

Dario Genovese Associazione Ristoranti Trapanesi: 347 9243820

Ufficio stampa: 

Valentina Paolini 

paolinivale@gmail.com, press@movimentoimpreseospitalita.it 

339.8434196

 








Ristoranti e #fase2

Impegno chiaro della grande associazione del commercio a fianco dei Ristoratori Toscani. 


“È il momento di fare uno sforzo straordinario tutti insieme – ha detto il Presidente toscano Nico Gronchi – in particolare per il settore food, ristorazione, bar, pubblici esercizi. Dobbiamo mantenere alta l'attenzione, anche con iniziative sul territorio come quelle dei ristoratori toscani; in quel movimento e in tanti altri che stanno nascendo, ci sono tanti nostri associati e colleghi e allora raccogliamo la sfida tutti insieme." 

"Noi ci siamo e questa diventa la sfida di Confesercenti: 10 proposte per ristorazione e food, su cui vogliamo convogliare le forze di tutti i ristoratori della Toscana"


L'asporto e il delivery sono strumenti e non la soluzione:  bene manifestazioni ed eventi, pur di tenere alta l'asticella, ma non ci fermiamo a questo perché sulla ristorazione e tutti i comparti del food occorrono, subito, risposte specifiche. 


1 Prolungamento cassa integrazione.


2 Decontribuzione per i lavoratori che tornano attivi.


3 Azzeramento tributi locali per i mesi di chiusura e abbattimento per i mesi di restrizioni.


4 Abbattimento commissioni sui ticket restaurant e pagamento tramite app per fluidificare il servizio.


5 Ampliamento spazi all’aperto dei locali in deroga alle normative attuali senza oneri aggiuntivi.


6 Indennizzo a fondo perduto per i mesi di chiusura


7 Azzeramento costi moneta elettronica.


8 Intervento sugli affitti per ridurne drasticamente il peso.


9 Misure di distanziamento concretamente applicabili.  


10 Garanzia dello Stato al 100% sui prestiti e restituzione in 10 anni. 


Chiunque ha voglia e proposte dia una mano - conclude Gronchi - Confesercenti, in ogni territorio, è la casa delle imprese, tutte le imprese e in particolare quelle che oggi stanno affrontando le difficoltà di una chiusura pesantissima e le paure e le incertezze per il futuro della propria attività.”


Bar e ristoranti dal 1 giugno? “Si rischia il fallimento”

 “Governo: la misura è colma, subito le risorse o troverà solo macerie”


La più importante associazione di categoria del mondo italiano delle ristorazione è saltata letteralmente  sulla sedia dopo l’ultima conferenza stampa del Presidente del Consiglio Conte.

E ha replicato con parole finalmente dure e chiare. Eccole.

“I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal 1 giugno. Significano altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall’inizio della crisi.

Forse non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento alla chiusura. Moriranno oltre 50.000 imprese e 350.000 persone perderanno il loro posto di lavoro.

Bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese. Accontentati tutti coloro, che sostenevano di non riaprire, senza per altro avere alcuna certezza di sostegni economici dal Governo. Servono risorse e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa quando le misure di sostegno verranno messe in atto. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio. Questo nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura è colma”.

 


Protocollo Burioni per i nostri amati Ristoranti

Firenze, 5 maggio – Sprizza quasi ottimismo sui tempi della fine della pandemia il noto virologo italiano Roberto Burioni che, rubato al salotto domenicale di Fazio da Sara Boriosi del sito Intravino e titolare dell’enoteca Giò di Perugia, ci regala, nel corso di un’amabile conversazione, elementi semplici ma salienti per immaginare una sorta di protocollo per la riapertura di ristoranti e locali che riepiloghiamo volentieri (https://www.facebook.com/sara.boriosi)

 

È un Burioni ottimista, non incline a spaventare e a rimandare alle calende greche l’uscita dalla quarantena, quello che ascoltiamo. Di fronte per esempio all’ennesimo quesito-mantra-auspicio(?) “le-nostre-abitudini-dovranno-cambiare-per-sempre”, se ci dobbiamo cioè aspettare dunque un mondo nuovo, inedito, risponde allegro e categorico: IL CAMBIAMENTO è solo TEMPORANEO, e presto – aggiunge - grazie alle cure e poi al vaccino che consentiranno di affrontare al meglio le forme più gravi che il virus può scatenare (vedi casi in terapia intensiva) torneremo alla vita di sempre. Aggiungendo, rivolto ai ristoratori: “state certi che nel momento in cui questa storia finirà saccheggeremo le vostre dispense e cantine!”.

Incoraggiante anche lo scenario a breve: il virus spiega, come tutti i virus influenzali precedenti, potrebbe grazie all’estate “darci una tregua”, “chissà che il 15 giugno non sia scomparso”. “Fino al 1950 – ricorda - in Italia c’era la tubercolosi, ma non per questo si stava chiusi in quarantena…”.

Concorda inoltre che sia arrivato il momento di ricominciare: “non possiamo stare in casa altri 2 mesi”, chiosa, ricordando ovviamente tutte le cautele, le prudenze, le mascherine e… lavarsi le mani!

 

Considerate le modalità di propagazione del virus – le famose impercettibili gioccioline che emettiamo quando parliamo o respiriamo, resta importante la distanza di almeno 1 metro dall’interlocutore: per i ristoranti ritiene che i tavoli all’aperto saranno molto più indicati per ricominciare l’attività, posti a giusta distanza uno dall’altro. Chiaramente chi prenota insieme (famiglia o congiunti vari, per dirla con una parola in voga) siede allo stesso tavolo. Rievocando un caso cinese che ha studiato ne deduce che il ristorante è tra i luoghi meno insidiosi per un’eventuale diffusione del virus, se gestito con le dovute attenzioni e sanificazioni.

Burioni ne ha anche per i condizionatori. Chiaramente sono vivamente sconsigliati quelli che soffiano l’aria addosso al cliente (ma quello sempre aggiunge, e siamo d’accordo!) perché possono spingere più avanti eventuali molecole-virus. Diverso invece il caso di condizionatori efficienti che diffondono impercettibilmente freschezza nell’ambiente.

 

Insomma, via, ce la possiamo fare. Forse. Senza dimenticare i sostegni economici al settore, beninteso! Che ad oggi – ahinoi! – loro si che sono ancora nell’aria, e non c’è nessun condizionatore che li spinge…

La marcia dei 1000

12 Maggio 2020, Firenze – L'hanno chiamata "passeggiata dimostrativa". Ma le grida di dolore e furore dei Ristoratori Toscana sono riecheggiate forti e decise nelle parole urlate al microfono da Pasquale Naccari, portavoce del movimento che conta circa 8000 iscritti al gruppo Facebook, e interpreta con decisione e passione le ragioni della categoria.
Tutto in una Piazza della Signoria spettrale, con Palazzo Vecchio sprangato, la pioggia scrosciante e le limitazioni di spostamento imposte a causa del covid.

 

E' stato un corteo silenzioso e pacifico, ma per niente rassegnato quello che ha visto stamani protagonisti 1000 imprenditori e lavoratori della ristorazione.

Confermate per l'ennesima volta le legittime richieste, tuttora disattese dal governo e dalle istituzioni. 


-                Tutela per i dipendenti: la maggior parte non ha ricevuto la cassa integrazione.

-                Assenza di linee guida per la ripartenza (su come aprire in piena sicurezza): si parla di date ma non viene fatto riferimento specifico al COME. L’unica regola certa è che hanno attributo ai titolari delle attività una responsabilità penale per l’eventuale contagio dei dipendenti alla quale i Ristoratori Toscana si oppongono fermamente.

-                Assenza dei sostegni “promessi” dalle istituzioni: tutte le richieste presentate formalmente sono rimaste inascoltate e i sostegni previsti sono inadeguati e insufficienti.


Riguardo alle notizie che circolano sulla riapertura anticipata I Ristoratori Toscana dichiarano: “Siamo molto preoccupati riguardo la decisione annunciata dalla Regione Toscana di anticipare la riapertura al 18 maggio, si continua a parlare di date ma non ci sono ancora istruzioni e direttive concrete sulla riaperture. Chiediamo direttive da 2 mesi e, ancora, a meno di 5 giorni dalla riapertura non abbiamo niente in mano per poterci organizzare. Inoltre non sono arrivate le casse integrazioni ai nostri dipendenti… siamo abbandonati a noi stessi nel totale caos e ci sono famiglie in grave difficoltà!

Aggiungono: “Attendiamo risposte sollecite e concrete dalle istituzioni e solo allora saremo disposti a incontrarle. Abbiamo avuto tanti incontri formali con loro che purtroppo a oggi non hanno portato a niente”.


Ufficio stampa Ristoratori Toscana : Valentina Paolini paolinivale@gmail.com 339.8434196

                                              

 

Dalla Tenda Rossa al Caffè San Marco: l'autunno sta arrivando

Fino a pochi mesi fa non passava giorno che si annunciassero a Firenze nuove aperture di locali e ristoranti. Non vorremo adesso accadesse il contrario, ma purtoppo l’aria che tira non è buona.

Prima la Tenda Rossa a Cerbaia, oggi il Caffè San Marco a Firenze
è giunto il momento di parlare chiaro e scegliere una linea nuova per affrontare la crisi che può diventare devastante per il tessuto sociale, la realtà economica e l’identità stessa della e delle nostre città.

Parole chiare sono uscite stamani dal Presidente Confesercenti città di Firenze, Santino Cannamela, che riassumiamo qui in un manifesto che somiglia molto ad un programma politico, quello che manca, quello che serve.

 

“La gravissima crisi che sta vivendo il settore pubblici esercizi e somministrazione, soprattutto, (ma non solo), nel centro cittadino conferma che con i costi di “gestione pre-covid” e i fatturati “post covid” è alquanto arduo trovare un nuovo equilibrio per restare aperti.

In assenza dei 15 milioni e passa di turisti pre-covid la forbice tra entrate ed uscite è cosi ampia che anche i cosiddetti “aiuti di stato” lasciano il tempo che trovano.

Occorre un repentino cambio di direzione nelle politiche da adottarsi.

1 - Basta aiuti a pioggia e di natura “assistenziale”: occorrono provvedimenti mirati (per esempio sulle città d’arte ad alta densità turistica) e di carattere strutturale (non più bonus).

2 - Riforma ammortizzatori sociali, destinando risorse solo alle attività davvero in crisi e in difficoltà, ed avendo ben presente la necessità di difendere il “lavoro” e non il “posto di lavoro” in quanto tale.

3 - Taglio del costo della manodopera, attraverso taglio contributi personale dipendente e cuneo fiscale.

4 - Prevedere nuove forme di flessibilità mercato del lavoro (voucher) soprattutto per attività stagionali, turistiche e del commercio.

5 – Stop Smart Working: il protrarsi di questa misura, soprattutto nel pubblico impiego, svuota le città e produce evidenti danni di carattere economico. La misura va ripensata in una ottica di maggiore equilibrio e responsabilità sociale.

6 - Cig e Blocco Licenziamenti: bene questi provvedimenti in una fase emergenziale, ma adesso non possiamo più perpetuare questa situazione di “blocco artificioso” del mercato.

 

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